Europa e Usa complici di Erdogan. E’ questa la riflessione che permane nelle menti di chi ieri ha ascoltato le parole del premier turco al suo Consiglio di Sicurezza.
“Ci sono stati molti arresti in questi giorni e altri nomi arriveranno nei prossimi giorni. Non abbiamo ancora finito. Ma restiamo nel sistema della democrazia parlamentare, non ce ne allontaneremo mai”. Sono le parole di Erdogan. Ma di quale democrazia parlamentare parla? Di quella che ha arrestato quasi diecimila persone tra Rettori, Docenti, Dipendenti Pubblici, Giudici e Imam? Si parla di democrazia quando si arrestano indistintamente migliaia di militari complici di un golpe, la metà dei quali solo “sospettati” di essere in combutta con i golpisti? Il “sospetto” non è una prova. Soprattutto in uno stato dove non è contemplata l’indipendenza dei giudici.
Il premier turco ha affermato anche, nei confronti del ministro degli esteri francese che “se vuole lezioni di democrazia può chiedere a noi” oppure che “Un tentativo di golpe è un reato o no? Lo è. E’ un crimine contro lo Stato e lo Stato ha il dovere di trovare i colpevoli e consegnarli ai giudici che, in uno Stato di diritto, li giudicano nel rispetto della legge”. Gli stessi giudici che ha messo in carcere o dei giudici assunti ad hoc per giudicare tutta questa platea di arresti solo perché accusati di essere vicini a Fetullah Gulen?
Ma tutto questo viene aggravato dalle accuse che lo stesso Erdogan lancia nei confronti dell’Europa. “Per 53 anni abbiamo bussato alla porte dell’Unione europea e ci hanno lasciato fuori, mentre altri entravano. Se il popolo decide per la pena di morte, e il Parlamento la vota, io la approverò”. Vista la reazione antidemocratica di questi giorni, ben ha fatto l’Unione Europea a lasciarlo fuori. Ma oggi di fronte a queste accuse, di fronte anche alla dichiarazione del coinvolgimento di altri paesi nel golpe, non si può stare zitti? Erdogan sta andando ben oltre quello che una democrazia parlamentare gli concede. Il premier turco accusa Stati Uniti ed Europa indistintamente di essere complici con le menti del golpe.
La domanda che ci si pone è se tutto questo sia ammissibile. E la riflessione è una sola. Nel momento in cui Erdogan, epura migliaia di persone tra giudici, rettori, docenti ed altre figure chiave del paese, si parla ancora di Democrazia?
Il silenzio o la mancanza di una linea unica tra Usa e Europa nei confronti di Erdogan, come può essere interpretata? Se lo si ritiene un partner della Nato, non è detto che bisogna essere silenti alle accuse. Si rischia di essere complici. E se davvero sarà reintrodotta la pena di morte, un ulteriore silenzio, è ancor più segno che gli interessi internazionali, prevalgano sui diritti umani e sulla democrazia. E se non si diventa complici in questo caso, allora USA e Europa devono spiegare perché si consente ad Erdogan tutto questo. In molti la risposta ce l’hanno. E l’imbarazzo di queste ore è palpabile.